In questa guida spieghiamo cosa risulta essere il decreto ingiuntivo su cambiale e come fare ricorso.
La cambiale è un titolo di credito esecutivo che garantisce al creditore la possibilità di espropriare il debitore dei suoi beni in caso di inadempienza. Il documento era molto utilizzato in passato, meno oggi. In sostanza, un debitore firma una cambiale a garanzia della restituzione della somma in essa indicata. Qualora il debitore lo faccia alla scadenza prevista, la cambiale gli sarà restituita, come se funzionasse da ricevuta di pagamento. In effetti, un debito cambiario si considera estinto nel momento in cui il debitore entra in possesso di tutte le cambiali firmate e che aveva rilasciato al creditore, tranne che questo, nonostante sia stato soddisfatto del credito vantato, si rifiuti di consegnargli la cambiale di fatto onorata, caso in cui il primo può fare valere i propri diritti davanti al giudice.
Vediamo cosa succede se un debitore non onora una o più cambiali. Come detto, trattandosi di un titolo esecutivo, il creditore può fare agire direttamente sui beni del debitore per rivalersi della somma vantata a credito. Una premessa, per fare in modo che l’esecutività della cambiale sia valida, risulta necessario che su di essa vengano apposte tante marche da bollo fino all’ammontare dell’importo minimo previsto dalle norme cambiarie, ovvero pari allo 0,11% per i pagherò e allo 0,12% per le cambiali tratte.
Nel caso in cui sul documento non sia stata apposta la marca da bollo, o sia stata apposta in misura inferiore al minimo previsto, la cambiale perde il carattere di esecutività, anche se non automaticamente, dovendo essere ciò rilevato dal giudice. Nel caso in cui non si possa fare valere la cambiale come titolo esecutivo ci si dovrà rivolgere al giudice per l’emanazione di un decreto ingiuntivo su cui basare poi l’azione di esecuzione forzata,
Se il creditore non è stato soddisfatto, può quindi ricorrere al giudice per ottenere l’emanazione di un decreto ingiuntivo con il quale viene intimato al debitore di adempiere all’obbligazione entro i successivi 40 giorni, termine oltre il quale si procederà all’esecuzione forzata dei suoi beni per soddisfare le richieste del creditore. Il decreto ingiuntivo è infatti il provvedimento tramite il quale il giudice competente, su richiesta del titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, fondato su prova scritta, ingiunge al debitore di adempiere l’obbligazione entro il termine di quaranta giorni dalla notifica
In questi 40 giorni, il debitore può opporsi al decreto ingiuntivo e chiaramente esistono tutele in suo favore. Per prima cosa, il creditore, in fase di richiesta al giudice di emanazione dell’atto, dovrà indicare nel dettaglio il fondamento della sua pretesa, ovvero quale sia la causale. Infatti, una volta che l’avrà esplicitata, non potrà più modificarla, come ha sentenziato qualche anno fa la Corte di Cassazione. Dunque, nel caso in cui il debitore presenti opposizione all’esecuzione del decreto, motivandola, il creditore non potrà replicare alla motivazione modificando la causale con la quale aveva chiesto e ottenuto l’emanazione del decreto.
Facciamo un esempio semplice, Tizio chiede al giudice di emanare un decreto ingiuntivo contro Caio, perché questi non gli ha pagato la somma di 1.000 euro in relazione alla vendita di 200 litri di olio di oliva. Caio presenta opposizione al decreto davanti al giudice, sostenendo di avere pagato la somma dei 1.000 euro per l’acquisto della partita di olio a cui fa riferimento la cambiale e che semmai risulta esposto verso Tizio per un altro prestito. Tizio, a questo punto, non potrà modificare la causale, sostenendo di vantare comunque un credito commerciale verso Caio diverso da quello espressamente indicato nella causale.
La Cassazione ha anche stabilito che la cambiale funziona da prova documentale sufficiente per l’emanazione di un decreto ingiuntivo, ovvero basta a provare la sussistenza di un rapporto obbligatorio sottostante. Nel caso di successivo giudizio di opposizione, tuttavia, sarà onere del creditore dimostrare l’esistenza di questa obbligazione, fornendo l’eventuale ulteriore documentazione. Questo in base all’art.633, comma 1, numero 1, del Codice di Procedura Civile, che prevede espressamente che venga fornita una prova scritta del credito in fase di richiesta di emanazione del decreto ingiuntivo. L’articolo seguente definisce prove scritte anche una polizza, la promessa unilaterale per scrittura privata, un telegramma.
L’atto deve certamente essere notificato al debitore e ciò deve avvenire entro 60 giorni dalla data di emanazione, altrimenti perde di efficacia. La perdita di efficacia per omessa notificazione del giudice, tuttavia, non preclude al creditore la possibilità di presentare una nuova domanda di emanazione del decreto ingiuntivo.
Nel caso in cui il debitore si opponga all’atto, si origina un giudizio di opposizione, che rientra in un vero e proprio processo ordinario. Il deposito della cambiale in cancelleria da parte del creditore, invece, non costituisce un presupposto indispensabile per l’emanazione del decreto, in quanto esso risulta necessario ai fini dell’esame del merito e fino al secondo grado di giudizio, non essendo condizione per l’azione, per cui l’atto può essere ugualmente emanato in sua assenza e l’inosservanza è rilevabile solo su eccezione di parte.